LA NASCITA DEL “FUMETTO NERO”
Diabolik, il “nero” borghese.
Il giallo e l’avventura sono i generi affrontati
più spesso in questo fumetto, con una predilezione per i colpi di
grande effetto, sensazionali, spettacolari. Colpi studiati a tavolino,
di estrema professionalità, condotti dalla coppia con consumata
abilità e dove l’agilità fisica fa il paio con doti di intelligenza
non comuni. Dietro alle imprese di Diabolik e Eva Kant c’è un lavorio
di menti intelligenti, c’è la scintilla di intuizioni geniali.
Così si legge nella terza di copertina del secondo
albo:
Diabolik. È un uomo di un’intelligenza fuori del normale e di un’audacia che non conosce limiti. I suoi poteri sembrano soprannaturali, infatti Diabolik è l’uomo dai mille travestimenti. Con delle speciali maschere di plastica, di sua invenzione, riesce a trasformare i lineamenti del suo volto; con le lenti a contatto colorate cambia il colore degli occhi e con altri infiniti trucchi modifica il suo corpo atletico in un corpo vecchio e cadente e grasso e rubicondo. Con queste sue prodigiose trasformazioni riesce a mimetizzarsi a suo piacere e a sfuggire agli avversari anche nelle situazioni più difficili e disperate.
Ed ancora, Gian Franco Venè sottolinea:
Le maschere, costruite con un procedimento particolare di cui soltanto Diabolik è a conoscenza, sono di pelle sottilissima: una volta indossate, nascondono le vere sembianze di chi le indossa permettendogli di sostituirsi alla persona presa di mira. La realizzazione delle maschere è un procedimento complicato; occorre dapprima fotografare l’individuo, studiarne gli atteggiamenti, gli eventuali tic nervosi. Dietro la maschera è nascosto tutto un gioco, assai vasto ed articolato, di scambio di personalità, ribaltamenti di ruoli, assunzioni di attività o posizioni sociali altrimenti impensabili. Intuizione brillante e geniale questa, che permette frequenti cambiamenti di scena. La maschera si addice particolarmente ad Eva, più sottile ed intrigante nell’entrare nelle personalità altrui. Con gli anni Diabolik raffina la sua tecnica inizialmente un po’ rozza. Le maschere divengono perfette, irriconoscibili, e qualora queste non siano utilizzabili (sempre più spesso Ginko fa effettuare il controllo dei volti) il ricorso alla modifica dei lineamenti tramite paraffina mette al riparo Diabolik dal rischio di essere scoperto. I trucchi lungo le vie di fuga sono sempre più ingegnosi e possono contare su un uso quasi sfacciato di tutti gli ultimi ritrovati tecnologici, sempre in grado di cogliere impreparati gli avversari. Qualora la sostituzione di persona fosse improponibile o sconsigliabile, scopriamo che il criminale ha sviluppato anche notevoli tecniche psicologiche; ciò gli permette di condizionare le proprie vittime trasformandole in involontari complici dei propri colpi. Diabolik inoltre utilizza nella realizzazione dei suoi piani tecnologie molto sofisticate, spesso avveniristiche per l’epoca in cui vennero pubblicate. La tendenza a presentare scoperte più o meno sofisticate è continuata dalle origini fino ai giorni nostri ed è andata di pari passo con l’introduzione nell’uso comune di queste scoperte. Così il registratore è stato sostituito da microfoni direzionali, usati molto spesso sia da Eva che da Diabolik, per giungere fino ai piccoli tubicini con fibre ottiche che, introdotti in un appartamento, permettono di vederne gli interni come con una piccola telecamera. E modernissimi radio-orologi hanno soppiantato un sistema di collegamento audio per mezzo di ricetrasmittenti. I due fanno poi uso frequente di potenti gas narcotici per addormentare le loro vittime. Eva, in special modo, usa speciali aghi narcotizzanti che trapassano facilmente i vestiti addormentando all’istante la vittima. Certi congegni, a differenza di quelli elencati sopra e che appartengono alla quotidianità delle storie, appaiono solo saltuariamente, come i casi dei razzi propulsori allacciati sulle schiene e già visti nei film di James Bond, oltre che nei fumetti di Buck Rogers, oppure alianti, parapendii, sofisticate carrucole che permettono di muoversi in una stanza o in un salone a livello del soffitto.Fratelli nel culto del crimine, i mostri dei fumetti affidano la loro fortuna anche a una vena di vigliaccheria che si portano appresso. Già Fantomas era bravissimo nel nascondere il proprio volto, nel far impazzire gli avversari per non mostrarsi mai nelle proprie fattezze. "Fantomas usava il trucco, baffi e barbe finte. Un genere scontato. Ma l’idea di fondo è rimasta", ammette la creatrice di Diabolik. "Anche Diabolik assume mille fattezze: s’è costruito una serie infinita di maschere di plastica che gli consentono di trasformarsi in chiunque". L’eroe tradizionale mostra sempre il volto ai nemici. Il lettore degli eroi neri, invece, quando si compiace di seguirli nelle loro sanguinose avventure, vuole avere la garanzia della loro impunità. E non c’è come l’idea di poter cambiare volto, di potersi confondere alla folla, per sentirsi liberi e audaci.
Diabolik non sarebbe l’affermato criminale che conosciamo se non avesse al suo fianco la sua celeberrima automobile, la mitica Jaguar E, rigorosamente nera e soprattutto super attrezzata con congegni e trucchi da far invidia persino alla pur storica Aston Martin DB 5 di James Bond. Nelle vicende del Genio del Male la Jaguar spesso assume un ruolo da protagonista, salvandogli la vita o diventando una pedina insostituibile per la riuscita di un colpo magistrale. La Jaguar infatti incute timore come il criminale in persona: tutti, dall’ultimo poliziotto della squadra di Ginko, al boss della droga sanno perfettamente che toccare l’auto di Diabolik può significare morire. Persino Eva si riferisce rispettosamente alla Jaguar chiamandola "la sua auto". I timori sono fondati, perché se la Jaguar ha il principale fine di coadiuvare Diabolik ed Eva nei loro furti e durante le fughe, è anche attrezzata in modo tale da evitare che qualche estraneo la possa utilizzare come arma magari contro Diabolik stesso. Certo è che la fantasia di Diabolik nell’inventare trucchi per la sua Jaguar non conosce limiti. In svariate occasioni si vede trasformarsi in mezzi di trasporto diversi, in grado di sfidare le profondità del mare (sigillandosi perfettamente contro le infiltrazioni e muovendosi su cingolati), di prendere il volo (grazie ad un rotore da elicottero), di spostarsi sulla superficie di un lago (grazie agli speciali pattini modello aliscafo e ad un motore da barca), di procedere lungo una strada ferrata con speciali ruote da treno e così via: non ci sono limiti per la Jaguar di Diabolik. Oltre che come ineguagliabile mezzo di fuga, la Jaguar è anche un insostituibile base mobile di appoggio per Diabolik: serve per trasportare i mille congegni necessari per mettere a segno un colpo, per portare al rifugio i pesanti bottini in lingotti, ma anche per gli appostamenti che Diabolik ed Eva devono fare per spiare con il microfono direzionale le future vittime e per sparare microfoni e segnalatori calamitati sulle auto da seguire. L’auto è per Diabolik una vera e propria dependance dei suoi rifugi e come questi ultimi è dotata di innumerevoli congegni di fuga, volti soprattutto a mettere fuori uso le auto inseguitrici, secondo uno schema ricorrente: Diabolik trascina dietro di sé le auto della polizia, evita o travolge i posti di blocco grazie al paraurti anteriore corazzato ed alle ruote piene (che rendono vano il tentativo di bloccare l’auto sparando alle gomme) e, se non ferma gli inseguitori con laser che fanno fondere il motore o paraurti ad espulsione che sfondano la vettura, li trascina nel luogo prescelto per il tranello. Qui lui o Eva premono il famigerato telecomando e poi tutto può accadere: Ginko e i poliziotti si trovano davanti a rocce o tronchi, reti, botole che si aprono sulla strada subito dopo il passaggio di Diabolik, ponti articolati, rocce impazzite e a qualunque altro trucco atto ad interrompere l’inseguimento.In essa sembra riflettersi la sua personalità (la Jaguar è scattante, sempre e solo nera, letale come il suo proprietario).La scienza, nelle sue mani, si trasforma in un misterioso strumento di potere; diventa lontana e cattiva, soltanto adatta a spargere il male e creare ricchezze. Questi Mandrake contemporanei non operano per suggestione: non hanno bacchette magiche, si limitano a rinnovare una medievale superstiziosa paura verso la conoscenza: sono stregoni del duemila che, in luogo del filtro e della formula magica, adoperano l’elettronica e la chimica, la fisica nucleare e l’alta chirurgia. L’unica differenza è che non finiscono mai sul rogo, ma restano, ghignando nel buio (un ghigno affascinante) a minacciare nuove distruzioni.