Capitolo 2.


L’EVOLUZIONE DEL “FUMETTO NERO”
Violenza e sadismo.
 
 

Kriminal e Satanik.
 


 
Se spettò a Diabolik aprire una nuova linea del fumetto italiano, fu Kriminal che diede inizio al processo di maturazione della narrazione, riuscendo a scavare nelle profondità psicologiche dei personaggi e delle situazioni, dando una dimensione realistica al fumetto.Kriminal nacque sulla scia di Diabolik, ma del primo eroe "nero" vennero eliminati tutti gli aspetti positivi, per creare un vero e proprio genio del male. La stessa sua maschera, non generica come quella di Diabolik, ma caratterizzata dal teschio e dallo scheletro, stava ad indicare una super-licenza di uccidere, un superamento totale della morale corrente, l’impossibilità di giudicare le sue azioni secondo i normali parametri.

Mischiando bene sesso, violenza e terrore, poteva uscirne un giornaletto esplosivo, un fuoriclasse. Kriminal, come nome, era perfetto. E, volendo, se il mercato rispondeva bene, si poteva osare di più: una donna addirittura. Lei pure nera, nerissima. Magnus chiese, quasi subito, che si modificasse il colore della tuta di Kriminal: si poteva invertirne i colori e farla diventare bianca, o gialla, con le ossa nere, così era più facile disegnarlo mentre agiva di notte. Alla fine, dopo qualche incertezza iniziale, Magnus consegnò le 120 tavole del "Re del delitto". Era una bella storia: asciutta, drammatica, tesissima. La premiata ditta Magnus & Bunker era pronta al decollo.
Nell’agosto 1964, il giorno 24, apparve in edicola il primo volumetto di Kriminal e quattro mesi dopo, a dicembre, il primo Satanik. Partito come mensile, già dal numero 5 Omicidio al riformatorio del dicembre 1964, modificò la sua periodicità in quattordicinale, per poi diventare settimanale col numero 33 del 13 gennaio 1966. Si classificò subito "Re del delitto" dimostrando una ferocia senza pari. Introdusse la componente sexy, completamente estranea a Diabolik, provocando quella immediata reazione di benpensanti che corsero a denunciarlo quale pubblicazione immorale. Kriminal, a differenza di Diabolik, non è una versione aggiornata delle avventure di Fantomas o di Arsenio Lupin; colui "il cui nome significa morte" non è neanche lo spirito del male ma la totale dissoluzione di ogni possibilità di giudicare cos’è il male. Nelle storie ottocentesche anche il più sadico criminale era costretto a misurarsi con un’idea, magari astratta, di giustizia. La società era dietro agli ispettori, poliziotti, giudici; la gente tremava al pensiero del crimine, provava brividi di piacere se il colpevole riusciva a sfuggire alla polizia, ma continuava a pensare che si trattava sempre di delitti. Kriminal è il superamento dell’idea stessa di crimine, di crudeltà, che ha perduto ogni senso per diventare fini a se stessa. Già nei primi numeri vengono presentate una serie di avventure dense di colpi di scena, suspence e violenza, in cui l’ispettore Milton di Scotland Yard dà una caccia spietata all’eroe. L’emotività dei personaggi è sapientemente giostrata grazie, ad esempio, all’inserimento della fidanzata di Milton, Gloria Farr, donna poliziotto che sin dal suo primo apparire, nel settimo numero (Trappola infernale), si incontra con Kriminal rimanendone sentimentalmente turbata e affascinata. È una situazione che le crea un problema psicologico e morale, un conflitto che non l’abbandonerà per un centinaio di numeri, intimamente dibattuta tra la scelta del bene, rappresentato dall’onesto fidanzato, e il male, impersonato da Kriminal. Biondo, atletico, implacabile Kriminal, alias Anthony Logan, inizia la sua carriera vendicando il padre, i cui soci con metodi illegali lo hanno portato alla miseria e che egli, con determinata freddezza, uccide tutti a uno a uno. Non c’è soltanto l’attrazione fatale verso la vendetta, ma una repulsione più generalizzata, più totalitaria ed ecumenica, nei confronti dell’intera umanità. Fin qui nulla di nuovo: anche il trisavolo dell’Uomo Mascherato aveva visto il padre annientato dai pirati e aveva formulato il celeberrimo giuramento sul teschio, promettendo che lui e tutta la sua genia si sarebbero battuti contro le forza del male, e il piccolo-borghese Dick Tracy, nella sua prima avventura, vede i gangster trucidare gli amati suoceri e sente scattare in sé la molla dell’uomo d’ordine. Ma, a differenza di questi giustizieri al servizio del bene, il trauma infantile di Kriminal, più che farne un antemurale del crimine, lo ha spinto ad identificarsi con esso, a diventarne un officiante forsennato. Egli svolge la sua attività prendendosela con la società capitalistica in genere, ma elimina di preferenza uomini d’affari cinici e privi di scrupoli. Questo fa sì che le sue avventure abbiano uno schema ideologico leggermente diverso da quelle a lui precedenti, lasciando affiorare un tentativo di rudimentale polemica sociale. Gli autori si propongono di rappresentare la concorrenza spietata fra gruppi di finanzieri, il cinismo di mercanti d’armi e di droga, la sete di ricchezza delle classi agiate, l’avidità di faccendieri dipinti a tinte fosche e tutto sommato un poco ingenue. Tuttavia la presentazione di questo mondo guasto non prevede la contrapposizione di valori socialmente positivi. Anche se si dà maggiore peso al delitto sociale che a quello individuale, i bersagli sono generici, la polemica è animata da uno spirito anarcoide e procede per negazioni: Kriminal è un crudele malfattore che diventa un benefattore dell’umanità, perché i suoi antagonisti sono peggiori di lui. La sua infanzia, raccontata nel numero 65 (Il segreto di Kriminal), sembra una sonata di Mahler, il Lieb und leid: il giovane Tony, nato trenta anni prima nel turbolento quartiere del Bronx, secondogenito di Samuel e Margareth Logan, abbandonato dal padre, orfano di una madre distrutta dalla miseria e dai sacrifici, finisce in orfanotrofio. Poi passa al riformatorio; e commette, esacerbato, il suo primo omicidio. Fugge in città per cercare la sorella Milena, cuoca e governante in una casa di ricchi, e vi giunge nel momento stesso in cui il padrone la strozza nel tentativo di violentarla. Uccide ancora, ancora scappa, finché trovate le tracce dei traditori del padre, indossa definitivamente la calzamaglia scheletrica ed inaugura con la vendetta la sua carriera di assassino.Al contrario di Diabolik, Kriminal, durante le sue azioni, è più sbrigativo e risoluto: è una macchina di morte che uccide in tutte le maniere possibili ed immaginabili. Le donne lo trovano irresistibile e gli concedendo i loro favori, anche se, il più delle volte, il loro destino è quello di essere abbandonate e uccise. Gli eroi "neri" di Bunker vivono costantemente col dramma alla porta; non certo come Diabolik, che vinceva ogni volta, ed ogni volta trovava, tornando a casa, la fedele Eva che preparava la cena. Kriminal e Satanik, al contrario, pagano con pesanti contrappassi le rare occasioni di felicità. Perdono le persone più care. Ricominciano ogni volta daccapo, più soli ed inquieti di prima. In questi primi numeri esce l’immagine, oltre che di un bandito inafferrabile – di fronte a questo ciclone di violenza, nulla può fare il suo avversario Milton, solerte ma inetto ispettore – anche di un uomo solo, disperato, preda di una lucida follia, che vede spesso fallire i suoi piani per delle banalità. Dopo il 1965, anno degli attacchi giudiziari, l’autore diede una prima modifica al personaggio, eliminando la parte violenta per sostituirla con dei veri e propri gialli, e per iniziare, col numero 33 La notte più lunga, quella che resterà la caratteristica principale, la satira dei personaggi di contorno, con effetti ottimamente resi dal disegno di Magnus. Nel numero 55 Dramma in collegio, un remake dello storico Omicidio al riformatorio, Kriminal incontra Lola, una disincantata collegiale orfana, che diviene la sua donna e che sposerà, caso assai raro per un eroe "nero" per non dire unico, mettendo fine alle sue peregrinazioni sessuali. Questa unione gli aveva attutito momentaneamente le asprezze interiori, gli aveva svegliato una lucida consapevolezza: era disposto a cambiare, nonostante tutto, pur di avere un figlio. "Un figlio è qualcosa di meraviglioso… qualcosa di noi stessi che si proietta nel futuro!", così mormorava a pagina 11 de Il viale del destino. Vane speranze, purtroppo, poiché Massimiliano Logan, nato in Cornovaglia dalla loro unione, viene subito rapito ed ucciso dalla terribile organizzazione di Mister Ypsilon. Col cuore a pezzi, i coniugi Logan si ritirano nella cupa fortezza dell’isola di Molok, provvista di tutte le moderne tecnologie e ritrovati scientifici, ma la calma apparente prepara altre sciagure. Kriminal si tormenta sul "gioco del destino che non concede illusioni se non brevi e sempre più amare. Ma c’è un’altra possibilità di scelta, esiste un’altra maniera di vivere per uno che ha impresso in fronte il marchio di Caino?", e a rispondergli, nel numero 90 (Quello che non ti aspetti), compare Satanik: "No, non esiste spazio se non al margine. Con qualche illusorio momento di far parte della confraternita dell’umanità ma sapendo di esserne per sempre escluso". La morte che perseguita il protagonista non è però riuscita ad impadronirsi di lui né ad esasperare la sua sete assassina. Compiuta ancora una volta la vendetta per i suoi affetti più cari, inumanamente strappati, Kriminal ha cambiato strada. Negli ultimi albi non ha quasi più ucciso, è diventato più umano. Questo è certamente il miglior periodo di tutta la serie. Un notevole personaggio di contorno è Shan-ton, pregiudicato cinese divenuto spalla del protagonista in molte azioni e il custode fidato del rifugio segreto dell’eroe, l’isola di Molok. Proprio questa umanizzazione ha dato modo a Max Bunker di presentare un’arguta satira sociale, sotto forma di denuncia delle tante contraddizioni della società del tempo, di notevole verve verbale e grafica, portata al lettore non sul piano della cronaca lacrimevole e melensa, ma attraverso quel mezzo di genuino divertimento che è il fumetto.Dopo il numero 300 il personaggio perse mordente: Magnus e Bunker erano passati ad Alan Ford, e gli altri soggettisti e disegnatori non seppero mantenere lo spirito e le azioni create dall’autore. La serie chiuse definitivamente con il numero 419, nel novembre del 1974, dopo dieci anni di vita in cui conobbe un indiscutibile successo. Nel dicembre del 1964 l’editoriale Corno lanciava un suo secondo eroe: Satanik. L’innovazione fondamentale è costituita dal fatto che questo eroe è una donna, il primo personaggio femminile che assurga al ruolo di protagonista nella storia del "fumetto nero"; l’eroina dai capelli rossi carpì immediatamente l’interesse dei lettori e per la prima volta conquistò anche quello delle lettrici. Per la prima volta la donna esce dal ruolo di spalla, di compagna, per assurgere a eroe assoluto, unico, in concorrenza con l’uomo, anzi in perenne rivalsa contro il maschio: le gesta di Eva Kant o della spietata Loona, la donna di Sadik, impallidiscono a confronto dell’epopea di Satanik. Un fattore importante nel caratterizzare la salienza del personaggio e le sue capacità di forza sul pubblico, è costituito dalla presenza contemporanea nell’eroina di tratti psicologici maschili e femminili, che permettono una identificazione sia per i lettori sia per le lettrici. Così Satanik è forte, attiva, intraprendente, piena di spirito di avventura, capace di grandi imprese, ma anche soggetta a rischi e pericoli. Contemporaneamente sembra personificare i conflitti più essenziali della femminilità. Anche il fattore grafico-espressivo permette di captare l’interesse di entrambi i sessi: Satanik è disegnata da Magnus in pose decisamente sexy, il suo fisico è quello di una maggiorata, le cui curve a stento vengono trattenute da abiti alquanto succinti. Da notare la particolarità dei reggicalze infiocchettati, esibiti sopra le mutandine, spregiando il trionfante collant, pratico contenitore di forme muliebri. Un errore tecnico voluto, dato che le altre fanciulle in deshabillé portavano l’indispensabile strumento di seduzione nella maniera giusta: altrimenti come avrebbero potuto togliersi lestamente gli slip? Questi elementi vengono tuttavia attenuati da una relativa discrezione, soprattutto nelle scene erotiche, ove spesso si procede per allusione, usando tecniche di chiaroscuro, ed si evita la volgarità delle disinibite eroine successive.Kriminal e Satanik rappresentavano la doppia faccia di un eroe "nero" che, rispetto al modello originale, Diabolik, compiva un passo in più. Anthony Logan e Marny Bannister si addentrano in un territorio oscuro dove la violenza e il delitto, che dominano le loro avventure, erano solo lo specchio di tumulti interiori, nati dal disagio generato da una realtà dove i valori cattolico-borghesi si andavano sfaldandosi.
Come la mantide religiosa che irretisce il maschio e lo divora, Satanik rovina speculatori e pescicani, semina vipere in famiglie di specchiate virtù pubbliche, scoperchiando il bubbone dei loro vizi privati. Vampiri e magia, filtri e stregoni ne accentuano l’elemento irrazionale, inafferrabile, destando nei contemporanei, ancora poco abituati ai fumetti "adulti", l’orrore di un sabba pagano. Ma nel suo trasformarsi, nel suo fuggire inquieta, nel suo cercare qualcosa perdendolo subito, c’era di Satanik la paura di vivere, l’umanissimo struggimento di chi sta sempre in bilico tra notte e giorno, l’impossibilità di essere normale.
Eroi amorali e violenti, Kriminal e Satanik agiscono in uno scenario dominato dalla corruzione, dalla prevaricazione, dalla criminalità che, nella mente dei lettori, li proietta dalla parte della giustizia. Le loro azioni criminali impallidiscono a confronto del marciume che regna sovrano nella società che fa da sfondo alle loro imprese. Il messaggio era chiaro: il male, quello vero, nasceva proprio dall’istituzione che più sembrava immune dal vizio, la famiglia. Siamo ancora lontani dallo slogan sessantottino "vogliamo nascere orfani", ma già emergono in queste pagine i primi germi di contestazione che i due autori hanno saputo spesso anticipare. L’ambiente che fa da sfondo alle avventure della "Rossa del Diavolo" è desolante: crimine, prostituzione, droga; da ogni angolo spunta il marciume di una società perbenista solo in apparenza, dove Satanik si muove con spregiudicata crudeltà. I comprimari, le vittime, non sono migliori di lei, anzi, nella maggior parte dei casi, la loro moralità apparente li identifica come i veri cattivi della vicenda. Le storie di Satanik sono popolate da mogli infedeli, ricchi sfruttatori, criminali laidi che non meritano altro che la punizione inflitta loro dall’eroina. "Satanik era portatrice di Furia e di Caos; animalessa bellissima e desiderabile, che invece del cuore aveva un nido di serpi; figlia del Mefistofele, acquisitore d’anime; però anche e soprattutto, a sua totale insaputa, cartina di tornasole, sonda stetoscopica, faro illuminante di un marciume circostante, di un cancro già spinto fino all’ultimo stadio". Sam logan, il padre di Kriminal, abbandona la moglie e i due figlioletti, rinnegando le sue responsabilità di genitore: "Lavoro! Ho lavorato tutta la vita e dove mi sono ritrovato? Nella miseria più nera, con una moglie e due figli da mantenere! Io me ne vado da questa sporca spelonca e non tornerò mai più. Arrangiati come vuoi. Vai a battere, ruba, fa’ quel che vuoi. Io ne ho abbastanza". Non migliore destino tocca in sorte Marny Bannister, una donna non più giovanissima, deturpata da un’enorme voglia sul viso che ne affligge ulteriormente il fisico non certo affascinante. Disprezzata dalle più giovani e avvenenti sorelle, ripudiata dal padre per la sua bruttezza, Marny è una Cenerentola colpita da una sorte ancora più drammatica. È la solitudine, la consapevolezza di non poter trovare conforto neppure nel rassicurante vincolo familiare. Sarà la solitudine a fungere da catalizzatore per le pulsioni negative di entrambi i personaggi, fornendo loro un sostrato psicologico assente in altri eroi dell’epoca. Le radici del male vanno ricercate quindi nella disgregazione della famiglia, dei suoi valori; così come stava avvenendo, lentamente, ma inesorabilmente, nella società italiana dell’epoca. Il prodotto della fantasia di Bunker e Magnus si pone non solo come pura evasione trasgressiva, ma anche come tentativo, riuscito, di suggerire considerazioni sulla realtà, quella vera, fino ad allora assenti nel mondo dei fumetti. Satanik entra in scena nel dicembre del 1964 e subito conquista un posto di rilievo tra il pubblico, che manterrà fino alla fine della pubblicazione ed anche in seguito, tra i collezionisti, tanto da diventare una sorta di cult editoriale, molto maggiore rispetto al coinquilino Kriminal. Per la sua condizione fisica si presenta subito come l’antitesi della donna, affascinante e alla moda, che si vorrebbe come protagonista di un’avventura di successo: sono le sue qualità mentali che le consentono di combattere contro il destino. Le eroine dei fumetti avventurosi dell’epoca erano invariabilmente belle quanto stupide, destinate a diventare prede contese da eroi e cattivi. Marny Bannister non solo è una donna intelligente e volitiva, ma lotta per uscire dalla posizione in cui l’aveva proiettata un’impietosa Madre Natura. Perfezionando la formula del professor Masopust, un oscuro scienziato dedicatosi anche alla negromanzia, ricava un filtro che, magicamente, la trasforma in una creatura magnifica, dalle forme prosperose e il viso sensuale, che fa impallidire la bellezza bamboleggiante delle perfide sorelle.
Dicono che Satanik accenda o tenga viva nelle ragazze timide, o poco belle una speranza. Una speranza fantastica, folle, ma sfido a trovare una sola ragazza brutta e timida che in fondo in fondo non la nutra. È la speranza di riscattarsi dalle delusioni, di offendere chi ti ha offeso e nello stesso tempo di attirare su di sé tutte le attenzioni di avere il coraggio, e la possibilità, di apparire aggressive e irresistibili.
Il cambiamento catalizza il rancore represso per anni trasformandolo in un sentimento di rivalsa contro il mondo che l’ha rifiutata con tanta crudeltà. Satanik, questo è il nome che si è scelta, s’incammina sulla strada del crimine, della spregiudicatezza morale e sessuale con il solo scopo di prendersi una rivincita su coloro che l’hanno umiliata.
La rivolta di Satanik non offendeva solamente l’innato gallismo maschile. Né la dignità delle signorine che non ci tenevano affatto a diventare autonome, decisioniste, emancipate. Dimostrava invece – con una sua maggiore colpa – quanto fosse fragile e bacato l’istituto familiare; e quanto fosse pericolosa, per questo, la massiccia diffusione dei "neri" disegnati da Magnus tra i lettori delle età più diverse nei più diversi strati sociali.
La meravigliosa scoperta di Marny potrebbe porre fine ai suoi tormenti, invece essa è l’inizio di una catena di omicidi cui la protagonista sembra non potersi sottrarre, ed in cui il crimine e la libertà sessuale diventano il mezzo e non il fine di una vendetta a lungo agognata. Bellissima, nella notte, ha come primo impellente desiderio, quello di soddisfare la sua repressa sete d’amore; ma anziché cercare un giovane compagno, si prostituisce ad un vecchio, repellente riccone; lo irretisce, ne diventa l’amante, lo convince a lasciarla quale unica erede, ed infine lo uccide. Poi è la volta dei familiari: sorprende la sorella nell’intimità col fidanzato, la svergogna e la umilia, le porta via l’uomo, seducendolo in sua stessa presenza, per pugnalarlo subito dopo averci fatto l’amore. Giunta a casa, sfregia l’altra sorella, induce il padre ad impiccarsi e brucia la casa. Questo è soltanto il primo episodio (La legge del male), ma in esso ci sono tutte le premesse delle vicende che l’eroina compirà negli altri duecento e più numeri, mentre nel titolo è allegorizzata la nemesi che la accompagnerà in tutte le sue avventure. La sua prima rivalsa sessuale è riuscire a farsi apprezzare dall’uomo che poi ucciderà; d’ora in poi ogni sua impresa avrà queste caratteristiche coatte e ripetute: affascinare un anziano, carpirne le ricchezze, spesso uccidendolo.
Dopo aver assaporato l’illusione di possedere ciò che era tanto ambito, Satanik si trova in realtà priva del suo oggetto d’amore: costretta a castrarlo resta poi in realtà a mani vuote; il pene ambito si rivela illusorio, la ricchezza rubata è un nulla, appena ottenuta, si affloscia inerte e si scioglie tra le sue mani, cosicché Satanik resta ancora con la sua sete insaziata, spinta a ripetere nuovamente il suo circolo vizioso e a rimanere sempre delusa e sola.
Il segreto della bellezza viene sentito come qualcosa di colpevole, al punto che Satanik uccide chiunque la scopra, come se fosse colta in grave fallo: il delitto operato serve a nascondere l’altro delitto, più colpevole, l’essersi cioè impossessata del segreto della bellezza, del mezzo di avere gli uomini. Episodi successivi ci mostrano la protagonista in alterne vicende, ove però sempre più spesso sembra andare incontro a smacchi; i suoi poteri non sempre riescono a farle portare a termine le sue imprese, cosicché, sempre più frequentemente, ella rimane a mani vuote. Quel che ottiene non le basta, qualcosa le manca che ella non riesce a trovare. Satanik è una strega e le sue avventure si distinguono da quelle degli altri eroi neri per le sfumature decisamente horror che si alternano agli intrighi più propriamente thrilling. Fa la sua comparsa quindi, accanto al tema noir, la tradizione gotica del racconto di fantasmi che diventerà un marchio distintivo di tutta la serie. Non mancano riferimenti al cinema e alla letteratura del terrore; la stessa trasformazione di Marny in Satanik riecheggia, ampliandoli, i temi de Lo strano caso del dottor Jekyll e di mister Hyde. Il siero scoperto ha una durata transitoria: dopo alcune ore cessa l’azione del farmaco e tra atroci spasmi la carne fiorente dell’irresistibile rossa si decompone, mentre una sembianza scheletrica emerge, prima di riassumere le sembianze dell’arcigna Marny Bannister. Per riprendere nuovamente il bell’aspetto ella è costretta a drogarsi con una nuova dose; la differenza del personaggio stevensoniano è che in Satanik le belle sembianze sono accoppiate all’iniquità. Lo spunto letterario o cinematografico non è mai utilizzato in maniera pedissequa; gli episodi Psycho e Il ritratto di Alex Bey ne sono un felice esempio. Luciano Secchi riesce a cogliere suggestioni ormai entrate nell’immaginario collettivo, trasformandole in trame articolate in funzione dell’approfondimento del carattere del suo personaggio. Satanik si avventura poi nel territorio del vampirismo, ponendosi contro le legioni del male, comandate da Wurdalak, un vampiro chiaramente ispirato al Dracula cinematografico di Cristopher Lee.Ma la magia e i poteri sovrannaturali non riescono a sconfiggere il vecchio nemico. La solitudine torna sempre ad incombere su Satanik, beffandola anche adesso che ha acquistato un corpo stupendo. La bellezza tanto desiderata non può cambiare il fato. Gli uomini che l’affiancano sono destinati a scomparire senza lasciare tracce se non nei ricordi della protagonista. Alex Bey, bellissimo e dissoluto, rappresenta l’amore non corrisposto e per questo più desiderato: "Io, Satanik, in preda a un comune affetto borghese che si chiama amore"; Max Lincoln è bello ma troppo stupido per diventare il compagno di una vita; resta solo Kriss Hunter, un detective negro che affianca Satanik nell’ultima fase della sua esistenza, quando ormai i toni più duri del personaggio sono andati smussandosi e la strega si è trasformata in un’eroina più positiva, una sorta di investigatrice dell’occulto le cui avventure, mai banali, anticipano di più di dieci anni il successo di Dylan Dog. Con Kriss s’infrange inoltre un altro tabù, l’amore interrazziale; a fianco del compagno Satanik vive un periodo felice, meno violento. Nel 1966, dopo oltre un anno di avvincenti avventure, il fumetto sembra avere una battuta d’arresto; forse per allungarne la vita, o più probabilmente in seguito alle risonanze giornalistiche e giudiziarie, Satanik prende decisamente l’aspetto del giallo poliziesco tradizionale. In copertina compaiono disegni sexy, castigati per gli effetti censori, ma assai efficaci per attrarre l’attenzione del pubblico maschile, sul modello delle copertine dei libri gialli. In appendice appaiono rubriche varie, chiaramente rivolte al maschio, secondo il classico cliché dei vecchi giornali umoristici per soli uomini. L’anno successivo, nell’estate del 1967, si ha una nuova virata editoriale: le rubriche per soli uomini scompaiono, lasciando il posto a quiz esplicitamente rivolti alle lettrici, accompagnati da pubblicità femminile. L’abbigliamento di Satanik è molto curato e la stessa figura grafica si modifica: non più la maggiorata degli esordi, ma una ragazzina snella, fresca, talora infantile.Ma la vera svolta si ha nel novembre del 1968, con l’uscita del numero 100 (Il regno del silenzio). Gli autori e l’editore proclamano ufficialmente, presentando l’episodio in veste di numero speciale a colori, il cambiamento della protagonista: d’ora in poi essa farà parte integrante della polizia, quale agente segreto. È significativo come in tale episodio l’eroina stabilisca un contratto col capo generale della polizia, il diretto superiore del capitano Trent, suo acerrimo nemico, emarginando quest’ultimo a figura di secondo piano. Le sue istanze sadiche si sono sublimate e l’aggressività è stata canalizzata a fin di bene, trasformandola in un James Bond in gonnella. Mentre precedentemente dominava l’elemento magico che costantemente introduceva e manteneva forti istanze erotiche e aggressive, in seguito alla trasformazione questa carica di sessualità ed aggressività si è finalizzata alla risoluzione dei casi in cui Satanik è coinvolta. Il contenuto ha perduto il vecchio sarcasmo ed inclina verso la più piatta superficialità; mancando Magnus, il disegno è scaduto di tono, non ha più il gusto del grottesco e indulge nei particolari sessuali. Nel 1974, dopo dieci anni di fortuna, il "fumetto nero" ha trovato altri concorrenti, i tempi sono cambiati e sono tornati in auge gli eroi senza macchia e senza paura; è il momento dei Supereroi americani e la carica erotica del personaggio, sempre suggerita più che mostrata, viene travolta dal sesso dispensato a dosi massicce di eroine porno come Jacula, Zora, Sukia. Satanik giunge al termine della sua parabola avventurosa con un episodio drammatico, intenso, al termine del quale la troviamo tra le onde dell’oceano accanto al cadavere galleggiante dell’amato Kriss.
Passò dentro e fuori la legge. Poi, spentisi i roghi dell’Inquisizione, il gran vociare sparì, dimenticata dallo stesso pubblico che tanto generosamente aveva soddisfatto, scavalcata dai suoi stessi epigoni, gli squallidi eroi della pornografia, pagando di nuovo la scelta di non scandalizzare, di non scuotere più, allontanandosi di soppiatto. A costo di morir così. Senza clamori.
Satanik e Kriminal hanno avuto il merito di saper instillare nei suoi lettori, caso unico nel 1965, molte inquiete rivelazioni, molti accenni assai espliciti sui malesseri sociali di allora. Negli anni Sessanta le frontiere tra il bene e il male sono più frastagliate, più mobili, e i due eroi sono riusciti a captare perfettamente questa situazione, rispecchiando una società in fermento e in procinto di svendere i suoi ultimi fragili miti di equità e giustizia. Parlavano di prostituzione, mentre il ricorso alla legge Meriln faceva ancora discutere onorevoli, senatori e comuni cittadini. Accennavano ad un "uso non terapeutico delle sostanze stupefacenti", mentre arrivavano in Italia i primi grossi quantitativi di cocaina, marijuana, hascisc e L.S.D. ad uso e consumo di una ristretta cerchia di facoltosi. Esibivano adolescenti depravati e stupratori, mentre le intemperanze delle bande dei cosiddetti beatniks cominciavano a preoccupare gli educatori sul futuro dei propri figli. Smitizzavano con sarcasmo le ricorrenze borghesi, e rivelava che la festa più comandata di tutte, il Natale, era soltanto un’occasione di sperpero e lusso per chi non mancava di nulla e una fonte di maggiori umiliazioni e di maggiore solitudine per chi non disponeva di mezzi economici. Strombazzavano, in ogni numero, la fine delle istituzioni, la decadenza della famiglia, e la necessità – un obbligo assoluto per una donna – di esseri belli e desiderabili, per poter vivere all’altezza delle proprie aspirazioni, in un contesto che negava l’infelicità senza desideri e imponeva brama di soldi, di successo, di potere.