Alice
sente dentro di sé un appetito che la brucia: tenta di spegnerlo, ma trova
solo dell’acquolina da versarvi sopra… che anziché estinguere quel fuoco
lo alimenta. Alice, con l’acquolina in bocca, prega il nonno: <Fammi
sognare: lasciami degustare una favola!> Il vecchio prende per mano la
nipote, la porta davanti al focolare, aggrotta le ciglia, mescola gli
ingredienti della curiosità nel calderone della realtà, li condisce con la
fantasia e mormora: <C’era una volta un castello di marzapane innevato
dallo zucchero a velo. C’era una volta, in un palazzo di millefoglie, un re
soave che intendeva regalare alla principessa, per il compleanno, il dolce più
dolce. Tutti sono a conoscenza, anche i bimbi, che per i dessert occorre,
innanzitutto, posare nel paniere lo zucchero o il miele e poi
porvi le uova. Lo sapeva persino il ciambellano, che si procurò dalla
gallina reale gusci che, come scrigni, custodivano i tuorli e gli albumi più
preziosi. Si mise ai fornelli, finché fu distratto da una gatta che rubava
del lardo. La inseguì, ma la bestiaccia urtò il paniere con le uova… e le
fracassò. Mentre il ciambellano afferrava lo zampino del felino, il dessert
bruciò e le cucine emisero un fumo dolciastro.
L’esalazione melliflua fu scorta dal re che sentenziò: “Tanto fumo
e niente arrosto!” Il ciambellano pensò che il monarca preferisse un
arrosto ai tesori dei gusci e quindi cucinò la gallina reale. Tuttavia il
sovrano indignato gridò: “Meglio un uovo per un dolce domani, che una
gallina oggi!” Il dignitario di corte cercò di difendersi con un: “Non
tutti i ciambellani riescono a centrare il buco!” E inventò le uova di
cioccolata, che però furono sdegnate dalla principessa: la figlia del re,
infatti, aveva una fissa per i conigli…> Alice interrompe il nonno:
<Basta giocare con i luoghi comuni! Voglio che mi porti in un paese fatto
di vere straordinarietà!>
Alice
per giungere al supermercato deve attraversare un parco. Cammina attraverso un
giardino… per giungere alle meraviglie. Intravede una casupola e cerca di
ghermirla per strapparle un morso di cioccolata, ma la capanna è di legno:
che stupida, pensa, lei non è Gretel, ma Alice! Scruta nel verde per cercarvi
un coniglio parlante… ma l’animale, colto dalla viltà, si eclissa in un
buio silenzio. Era solo un pupazzo che Alice aveva smarrito nella sua ultima
corsa spensierata? Alice vorrebbe tornare nel passato e intrattenersi con
strane creature scomparse, come le lucciole, i cervi, i conigli parlanti o i
disegni animati delle regine di quadri o di picche… Desidererebbe rinvenire
le carte magiche dei fanti di fiori, o del re di cuori… ma il suo corpo è
troppo grande per infilarsi in una minuscola carta da gioco, o negli angusti
spazi del bosco della fantasia. Ormai è alta e seni e fianchi sono troppo
abbondanti. Alice vorrebbe smettere di mangiare per non vedere più gonfiarsi
il petto o il sedere, ma ormai non è più una bambina, anche se non si sente
ancora una donna. Se potesse, l’adolescente fuggirebbe dall’amara realtà
per nutrirsi dei dolci frutti dell’immaginazione. Alice si attarderebbe tra
gli alberi, i prati e i fiori… per cercarvi sorprese e incanti, ma un colpo
di clacson la riporta alla realtà: l’isola in cui passeggia ora è solo una
briciola di verde che galleggia a fatica nella marea di asfalto di una città
a sud delle Alpi. La ragazza deve varcare quel giardino per tornare nella
strada affollata, nella via, intasata dal traffico, della realtà.
Alice
si lascia alle spalle il giardino dei sogni perduti e procede sul marciapiede
brulicante di gente di mille religioni, idee, etnie, razze… La strada in cui
s’inoltra è sovrastata da un coniglio, da una regina di cuori e da una
donna di picche… che parlano alla folla… Il coniglio fissa la ragazza e la
invita: <Catturami, squartami e divorami: sono fatto della più dolce
cioccolata!> Alice distoglie lo sguardo dalla bestiola tentatrice, ma è
fissata da una regina di cuori tutta pepe: <Se vuoi essere veramente donna
e conquistare il tuo uomo… segui la dieta dei nostri centri estetici!> La
ragazza scantona il sorriso di quella seducente rappresentante della
snellezza… per essere presa di mira da una donna di picche dal petto
prorompente e il sorriso piccante: <Se vuoi essere bella senza soffrire una
dieta… lasciati modellare dal bisturi delle nostre cliniche!> Il
coniglio, la regina di cuori e la donna di picche si affacciano dai loro
manifesti, come tribuni dai balconi o sirene dagli scogli, che invitano la
folla a fuggire da una realtà insapore, per ristorarsi in sogni zuccherosi
pagabili in comode rate e offerti a prezzi salati.
E’
Natale, Peter visita il nonno al ricovero e per farlo contento gli chiede di
raccontare una favola. Il vecchio
sorride e borbotta: <Non hai più bisogno di una favola, ma di
un’avventura, ti occorre farti cogliere in castagna, ti serve togliere le
castagne dal fuoco. Come Prometeo, devi rubare agli dei una scintilla, devi
impadronirti del mondo attraverso una vampata!> Il nipote sorride
all’ennesima trovata dell’arteriosclerotico: <Devo incendiare il
pianeta per conquistarlo?> Il nonno, abituato ad essere scambiato per un
demente, spiega: <No, devi padroneggiare una fiamma per prepararti ciò che
ti serve nella vita, devi solo cucinarti una fetta di realtà a fuoco lento!
Come il seme si deve lasciare cuocere dal sole, tu devi lasciarti forgiare dal
calore della vita!> Il giovane nipote saluta il vegliardo senza capire che
i suoi non sono deliri, ma metafore, consigli cifrati per nutrirsi di una dose
di mondo.
Peter
cammina in un parco vietato. Vorrebbe cercare in ogni albero un bosco con un
lupo da cacciare… rinvenire in un prato una prateria con una diligenza da
assaltare… scoprire in un fiore un frutto proibito da rubare. Tuttavia, per
innescare un’avventura, affrontare l’azzardo di una trasgressione o di una
sfida, a Peter non occorre cacciare, assaltare, o rubare… gli basta
calpestare un’aiuola. Qualsiasi cosa faccia in quel parco, persino compiere
un atto banale come adagiarsi su una panchina, egli è destinato a violare un
divieto. No, quello non è un parco del re, ma un giardino aperto al pubblico
dei comuni mortali. Ciò che
preclude quell’isola di verde a Peter, è che in quel momento non dovrebbe
essere lì, ma al suo primo giorno di lavoro. E intanto il ragazzo rinvia i
suoi doveri professionali inerpicandosi su un albero innevato da petali
bianchi.
Macchie
di cioccolata violano il candore dei fiori nivei su cui si è arrampicato.
Peter monta ancora più in alto, sospinto da rimembranze di appetiti passati.
E’ sempre stato goloso, sin da piccolo. Già da bambino ha sempre voluto non
conquistare, capire, o divertirsi con il mondo, ma goderselo. Come?
Divorandosi un barattolo di Nutella o una scodella di panna montata… anche a
costo di rubare. Crescendo ha capito che il furto non paga… e che un
barattolo o una scodella vuoti appagano solo momentaneamente. Il ragazzo sa
che, se s’intrattenesse in quel parco a rubare ciliege e rinunciasse a
recarsi al lavoro, godrebbe di un piacere solo temporaneo e il giorno seguente
si ritroverebbe sul lastrico, senza pagnotta, licenziato.
Peter
capisce che nella vita non si può vivere di soli obblighi professionali o di
solo pane. Infatti il ragazzo, pur avendo il necessario per sopravvivere, si
rende conto che gli manca quell’eccipiente essenziale per vivere pienamente.
Anche con lo stomaco e il frigo pieno di Nutella o di panna montata, Peter si
rende conto di essere privo di qualcosa: un enigmatico ingrediente che da solo
non sazia, non nutre, ma che serve a condire gli alimenti. Insomma, pur non
mancando del salario, di quel compenso che una volta era proprio pagato in
sale e non con cellulosa filigranata, il ragazzo comprende di non essersi
ancora impossessato del sale della vita.
Peter
vorrebbe rimanere per sempre su quell’albero. Proprio quando si sta
rassegnando a tornare a terra, intravede una ragazza che passa nel sentiero
sottostante. Peter lancia una ciliegia che riesce a centrare la borsa aperta
della fanciulla. La giovane guarda incuriosita verso l’alto, intravede un
ragazzo sorridente e ride: <E tu che ci fai lassù? Sei un po’ troppo
vestito per fare Tarzan!> Il giovane risponde: <Piuttosto sono qui per
fare Cosimo, il barone rampante e snocciolare qualche ciliegia! Se sali te ne
offro qualcuna!> La ragazza replica: <Non so chi sia il tuo Cosimo, ma
potresti lanciarmi altre ciliegie!> Peter sorride sornione: <La prima
era offerta, come l’esca di un pescatore, o la prima dose di uno
spacciatore! Se ne vuoi altre dovrai salire! Qui potrai godertele con più
gusto e io potrei rivelarti la storia del barone rampante!> Alice sorride
compiacente: <E io potrei narrarti del serpente che incoraggiò una donna a
strappare un frutto proibito!> La giovane sale sull’albero e assieme i
due sono insidiati dai serpenti della tentazione, ma si accorgono che i
rettili sono solo vermicelli che si annidano in alcune ciliegie. Peter e Alice assaggiano una dolcezza che non avevano mai conosciuto, più intensa
del miele, più morbida della panna, più rinfrescante della menta, più
esilarante del distillato di ciliege. No, non c’è da scandalizzarsi:
infatti non possono andare molto oltre un bacio, visto che dopo poco
interviene un vigile che impone loro di tornare sulla terraferma. Ai due pare
di essere costretti a scendere dalla sommità vertiginosa di una torta, dopo
averne morso insieme la ciliegina. A questo punto potremmo stringere
l’obiettivo e sfuocare la scena dei due giovani che si allontanano per mano
dal parco, ma siamo in un racconto che gioca ad impiastrare gli ingredienti
della realtà con i sapori delle favole, non in un film hollywoodiano!
Nella
realtà l’amore di Peter e Alice non è destinato ad offrire solo dolcezza.
Confrontati con la durezza o la monotonia della realtà quotidiana, i due
discutono, si contraddicono, scoprono di avere gusti diversi, litigano, si
allontanano, si riavvicinano. Eppure, grazie a questi contrasti la loro
relazione scopre altri sapori, fatti di sale, pepe, sapori acri, piccanti, ma
coinvolgenti e arricchenti come l’aglio, il curry, o il peperoncino.
L’attrito tra i due riesce ad accendere nuova passione che cuoce nuove fami.
Nonostante questo rovente confronto di appetiti forti, i due giungono a
respingersi. Gli opposti gusti dei due giovani si scontrano e urtandosi
provocano, liberano una scintilla. Se rimanessero allora vicini, allora si
accumulerebbe troppo calore, divamperebbe l’incendio e brucerebbero in un
inferno. Ecco che quindi Alice e Peter devono distanziarsi per padroneggiare
la fiamma. Ma la loro vampa non è fine a se stessa, non è un mero fuoco
artificiale con fini decorativi: la loro brace deve ardere per cuocere una
passione capace di nutrire…
Alice
e Peter si perdono di vista, tanto che si rassegnano a vivere esistenze
separate. Lontani l’uno dall’altro coltivano esperienze diverse… I due
riescono persino riscoprire le soavità dell’amore: con i nuovi partner
colgono persino un’armonia che né Peter, né Alice avevano saputo
regalare… Ma, a lungo andare in questa melliflua armonia, priva di sapori
piccanti, si annoiano. Peter e Alice capiscono di essere ancora uniti quando
si rincontrano per caso al supermercato. L’uno invita l’altra a cena e tra
una pietanza e l’altra riprendono ad amarsi. Poi, i loro pasti si fanno
sempre meno appassionati, finché litigano su chi avrebbe dovuto lavare i
piatti. Uno dei due, esasperato, rompe una stoviglia e se ne va di casa
sbattendo la porta.
La
coppia smarrisce nuovamente la strada… fino a quando s’incrocia,
casualmente, ad un banchetto nuziale di un amico. I due si ritroveranno quindi
una settimana dopo, ancora, ad una cena a lume di candela, stuzzicheranno i
reciproci appetiti, si imboccheranno, si abbracceranno fino al momento in cui
si rimbeccheranno per una questione banale come quella per decidere a chi
sarebbe spettato fare la spesa.
Peter va con Alice a trovare suo nonno e gli chiede di sgranare una favola. L’anziano si accinge a narrare: <C’era una volta un principe che era perseguitato da un chirurgo estetico invidioso della sua bellezza. Per fuggire alle insidie dello stregone, il principe fuggì nel bosco, dove venne accolto da sette premurose ragazze di bassa statura, finché non morse una mela avvelenata…>.
Alice
si reca con Peter da suo nonno e gli domanda di regalarle una favola. Il
vecchio racconta: <C’era una volta un conte che non voleva concedere ai
tre fratelli adottivi di recarsi al ballo organizzato dalla principessa
azzurra. I tre ragazzi riuscirono però a rubare le chiavi dell’auto della
matrigna e ad introdursi nella discoteca reale. Non appena li scorse, la
principessa dimenticò ogni altro giovane per concentrarsi su di loro. Bevve
cocktail e danzò solo con loro, fino a mezzanotte, quando i tre fratelli si
dovettero allontanare, visto che l’happy hour era terminato e
anche perché dovevano anticipare il rientro della matrigna…>
Alice
e Peter discutono dei racconti del vecchio. <Ecco - sostiene la giovane -
la favola di tuo nonno dimostra quanto voi uomini siate dei dongiovanni!>
Il giovane scuote il capo e contrattacca: <Nella versione della favola che
conosco io, fu invece una donna invidiosa ad insinuare nella felicità una
mela bacata! E poi, mi spiace, ma che debbo dire della favola di tuo nonno,
che dimostra quanto siano le donne ad essere ipocrite verso gli uomini!> I
due riprendono la schermaglia verbale, mentre preparano la cena: quei bisticci
di gusti, che li uniscono in cucina, nella vita li separano. Ognuno dei due
rinfaccia di non dedicare abbastanza tempo all’altro e nel contempo di non
concedere abbastanza tempo al partner: mentre però in cucina riescono ad
amalgamate gusti apparentemente opposti come l’agro e il dolce, o condimenti
apparentemente estranei come il sale e lo zucchero… nella vita questa
amalgama di sapori opposti non riesce e litigano.
Alice e Peter si scontrano producendo scintille che rischiano di bruciare tutto, persino la loro cucina. Per placare il rogo delle loro opposte passioni si recano da uno dei nonni e gli chiedono: <Nonno spiegaci, perché tra noi divampa quest’incendio. Qual è l’origine di questo fuoco?> Il vecchio pensa, si prende una pausa e poi racconta: <C’era una volta, un tempo in cui il fuoco era estraneo agli uomini. Così nessuno di loro bruciava la capanna, o i pascoli dell’altro… ma tutti vivevano nel freddo, nel buio, in balia delle belve notturne… senza conoscere preziosi cibi cotti come il pane, o i biscotti… Tuttavia, un uomo, Prometeo, rubò dall’Olimpo il fuoco e lo regalò agli uomini. Ci tramanda Esiodo, che allora, Zeus, il re degli dei, arrabbiato per il furto, ordinò al dio del fuoco di forgiare dalle sue fucine una creatura capace di punire gli uomini. Efesto creò una bellissima donna, chiamata Pandora, che fu offerta in moglie ad uno dei fratelli di Prometeo. Gli dei regalarono per il loro matrimonio dei pregiati doni, tra cui un vaso che sarebbe stato prezioso al mondo a patto che non fosse stato aperto. Ciò nonostante, Pandora non resistette alla curiosità e volle aprire il vaso per scoprirvi il contenuto: il contenitore racchiudeva tutti i mali del mondo, che si riversarono su tutta l’umanità>.
Alice
si rivolge quindi al compagno: <Ecco, vedi? Questa favola dimostra che
l’origine dei mali è costituita proprio da voi maschi! Se non aveste
rubato, ma aveste chiesto il fuoco agli dei, non avreste suscitato l’ira
dell’Olimpo e l’umanità vivrebbe senza mali!> Peter risponde alla
partner: <Che faccia tosta che avete voi donne! Senza Prometeo l’umanità
non disporrebbe del fuoco! Questa
leggenda dimostra piuttosto che l’origine dei mali del mondo è costituita
piuttosto dalle donne!> Alige contrattacca: <Non è vero! L’unica
colpa di Pandora fu quella di essere curiosa! Il sale della vita è costituito
proprio dalla curiosità!> Il nonno guarda i due ragazzi litigare e sorride, perché sa che in realtà l’umanità necessita sia di un
uomo coraggioso capace di carpire l’ardore, sia un’ardita donna capace di
dare seguito alla curiosità… Il vecchio sa che Prometeo ha bisogno di
Pandora e viceversa… ma lascia che i due litighino, perché devono scoprire
da soli il loro destino.
Anche
se quella notte dormono abbracciati l’uno all’altra, Alice e Peter
continueranno a bisticciare l’indomani, finché si separeranno ancora, finché
torneranno ad unirsi. E anche quando si sposeranno, torneranno a respingersi e
ad attrarsi… Anche quando avranno divorziato continueranno a provare
appetito per l’altro… perché l’amore consiste nel mangiare insieme, ma
in piatti separati.
Dei bambini tirano una vecchia per una manica: <Dai nonna, ci racconti una favola?> L’anziana sfoglia il giornale e risponde: <Andate dal nonno in cucina: ne ha una pronta per voi!> I piccoli obbligano il vecchio a smettere di sfogliare una verza e il vegliardo si rassegna a narrare: <C’era una volta una fanciulla che per amore mangiò una mela avvelenata… per poi addormentarsi, incontrare nel sonno il suo sovrano azzurro, svegliarsi baciata dal principe del sogno!> Ma qualcuno interrompe il cantastorie: <Ad offrire la mela a quella bellezza femminile fu un maschio, un essere bestiale, un mostro: un serpente!> E’ la nonna che, pur di contraddire il nonno, ha sospeso la lettura del quotidiano. Ma il vecchio contrattacca: <Alice ti sbagli, fu una strega, succube, come ogni femmina, di uno specchio, una megera invidiosa della sua bellezza!> La nonna insiste: <Peter non dice il vero: fu un maschio dalle fattezze di rettile a donare la mela alla donna!> Il vegliardo sembra allora darle ragione: <E’ vero, devo ammetterlo: sotto quel serpente si celava un uomo… che era innamorato della donna! Per esprimerle il suo amore volle offrirle il frutto della conoscenza del bene e del male! Ma forse il serpente era soltanto un baco che si limitava ad abitare un pomo della discordia…> Mentre l’anziano Peter racconta, Alice impugna un coltello, e afferra, trafigge, trapassa delle creature… ghermisce una mela e la infilza, la penetra, la taglia a fette… che ripone amorevolmente su una pasta sfoglia. Il vecchio raccoglie, dal mondo delle favole, frutti proibiti, che la nonna afferra, scalda e cuoce nella normalità rassicurante di una torta di mele.