COSCIA
DI PORCO
Invisibile
come
la notte impalpabile
che
ci spintona la pelle.
Un
fondo di bottiglia che si agita vorticoso,
mentre
versi il vino nei bicchieri.
Anch’io
sono liquido rosso viscoso,
che
scivola lungo la coscia.
Sono
coscia di porco che cuoce sulla brace,
il
grasso che cola e il fuoco scoppietta.
Sono
il sandalo abbandonato sulla riva
di
questo mare che avanza e si ritira;
sono
lo scandalo di venire a chiederti:
“Bella,
dai, non negarmi la tetta!”
La
luna accompagna l’ubriaca caduta;
alito d’aglio e prezzemolo, striscio
a fiutare il funghetto trifolato,
che
è cresciuto in una sola notte.
Tra
bottiglie sparse a mezzo e amici mangiafuoco,
abbiamo visi rubicondi, come i pagliacci sapienti.
Per ognuno di noi cento stelle,
patate
abbrustolite sotto la cenere,
bucce d’esperienze e scivoloni,
pance
affollate d’aria e di sogni.
Così, sprofondo nel gonfiore del tuo ventre,
pieno
come un uovo e sazio d’intrusioni;
canto
allegramente, sputo noccioli d’oliva,
sciacquo bocca e denti con un Campari soda.
E ti parlo di quelle volte che vomitavo dappertutto,
quando
ancora non reggevo bene l’alcool;
ti domando se, nei prati, hai mai pisciato libera,
senza
la paranoia di essere una donna un poco timida.
Mi
racconti e per esempio, ti allontani a far pipì,
poi
ritorni, strofinandoti le
mani sui jeans;
che
principessina colta, buona da leccare,
con
tracce di senape e paprika intorno alle labbra
e menta triturata, fresca, verde, rovente, sulla lingua.
E dondoli e dondoli, aggrappata alla mia coscia
fino
a quando, ti assopisci in una bolla di condensa.
Io
resto invisibile tra i resti audaci dell’alba;
conto
i sacchetti di plastica, pieni di spazzatura,
conto i sacchi a pelo, le stuoie e i materassini
popolati
a casaccio, pullulanti d’insetti.
Sono
invisibile come il mio mal di stomaco
come
l’istinto che cavalca il mio fiato.
Sconveniente
come il vento che porta le nuvole,
come la sabbia quando entra negli occhi
e
nelle mutande, tra i peli e i capelli, s’annoda.
Verranno a presentarci il conto?
Qualcuno avrà avvertito la pula?
Allora rutteremo come adesso digeriamo
questo
eccesso di vita e la rivolta.
Ti
appiccico sulla fronte un bigliettino:
“Amica, non negarmi la mano,
il
pugno… e il piede anche…
Ho
fatto un tuffo, con la pancia piena.
Quando ti svegli raggiungimi please,
vado ad aspettarti sugli scogli”.