brasil.
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curitiba.
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(paranà).
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Churrascheria
Per Tutti
OPERA DE ARAME
In rua João
Gava, nel bairro Pilarzinho.
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Curitiba...
con circa un milione e mezzo di abitanti, è una delle principali città del Brasile, all’avanguardia nella cultura e nei servizi sociali. Capitale dello stato meridionale del Paranà, offre 42 gallerie d’arte, 43 musei, 9 centri culturali, 16 teatri e 159 biblioteche, oltre a una rete pubblica di trasporti rapida ed efficiente. Curitiba viene considerata la Capitale Ecologica del Brasile: con 16 grandi parchi, ogni abitante può usufruire di 52 m² di area verde (da vedere i Giardini Botanici). Il trenino turistico della Serra Verde Express, che arriva fino al porto di Paranaguà, attraversa la foresta fluviale del Paranà e passa su strapiombi, offrendo scorci notevoli di paesaggio. |
Dopo
una prima giornata di visita alla città e dopo l’esperienza del
trenino che attraversa la foresta fluviale del Paranà, mi concedo
una cena sontuosa in una delle migliori churrascherie della città
(almeno secondo il buon Eliseo dell’ufficio turistico nella stazioncina
ferroviaria).
Il locale è un po’ fuori mano, sullo stradone che conduce all’aeroporto (una specie di Viale Forlanini). Si può raggiungere in autobus, ma voglio concedermi un passaggio in taxi (dal Rodoviario, che in tutto il Brasile indica la stazione dei pullman che collegano il Paese, sono 3 Euro). Il ristorante è molto grande, dall’aspetto elegantino e ancora quasi vuoto. Mi aspetto di spendere tanto, almeno per il Brasile, ma non ci penso troppo e mi lancio subito sul buffet freddo. Sul piatto si forma una bella composizione multicolore fatta di formaggi, salumi, crocchette di pesce, patate con maionese, barbabietole, riso, feijoada, legumi vari e persino sushi. Quando ritorno al tavolo gli efficientissimi e numerosi camerieri hanno già consegnato una bella brocca da un litro di vino rosso della casa e alcuni piattini contenenti patate fritte, polenta fritta, deliziose crocchette al formaggio. Mi lancio subito sui piatti con voracità lupina, ma subito si scatena il tourbillon di portate di carne e di piatti italiani. Gli scatenati ragazzi dello staff di sala girano instancabili tra i tavoli, portando ognuno un tipo di carne ( maiale, roast-beef, manzo, sontuose bisteccone dai floridi allevamenti della nazione) che scaricano sul piatto con inpagabile cordialità. Il prode churraschero appoggia sul tavolo il forchettone delle meraviglie e ti invita con lo sguardo a scaricare le prelibate fette utilizzando la propria forchetta: operazione che non viene facile all’inesperto europeo, ma dopo qualche portata si genera un’abilità manuale non indifferente. Altri camerieri (ma in una churrascheria sarebbe meglio definirli dispensatori di gioia) portano manicaretti italiani, come gnocchi, ravioli e lasagne (di discreta qualità). Il brillante caposala, di probabili origini slave, passa con un sorriso entusiasta per assicurarsi la soddisfazione del cliente; per tranquillizzarlo basta rispondergli col pollice in alto, un gesto yankee molto in voga anche in Brasile. Intanto la sala si riempie di svariati personaggi, rappresentanti eterogenei di una borghesia agiata: entra una biondona impellicciata, accompagnata da un signorotto locale, quindi un simpaticone in tuta da ginnastica e alcune famigliole estasiate dall’abbondare di cibi. Molti rivelano nei tratti le loro origini teutoniche, polacche o italiane, in questa regione meta un tempo di immigrati dall’Europa. Sembrerebbe il giardino dell’eden culinario, ma attenzione al serpente in agguato: anche il mangiatore più robusto e famelico rischia con i ritmi delle portate un’indigestione epocale. Per impedire questa infausta eventualità, a ogni astante viene fornito un cartoncino rotondo double-face; su un lato un bel Não su sfondo rosso, sull’altro un sereno Sim su sfondo verde. Lo scopo è di imporre al ragazzo che serve il churrasco una tregua momentanea o di lasciargli via libera. In tal modo, il saggio avventore riuscirà a gestire al meglio l’esigenza di gustare tutto e di sfamarsi senza subire serie complicazioni cliniche. Così, nonostante l’appetito e la tenuta culinaria del sottoscritto, mi vedo costretto a rifiutare alcuni giri di succulente carni e di invitanti ravioli, giusto per tirare il fiato, tra gli sguardi delusi di un anziano e paterno cameriere. Alla fine, la bella fanciulla che porta le patatine fritte si ricicla a consegnare dolci dall’aspetto pittorico, deliziosi all’assaggio ma alla lunga stucchevoli. Dopo un enorme indispensabile caffè, ecco la migliore delle notizie: il conto della cena luculliana ammonta a 24 "miseri" reais (8 Euro). All’uscita il freddo è quasi pungente, ma per tornare è bello cimentarsi con i mezzi pubblici: riesco a salire sull’autobus che va verso l’università, ma per farlo devo ben sbracciare e agitarmi! |