Le canzoni inverosimili degli Hot Chip e dei TV on the Radio
Per archiviare adeguatamente il nostro 2006 musicale, è d’uopo una disamina sugli ascolti che ci hanno accompagnato in questi 12 mesi, per provare a scovare qualche segnale di vita nuova nel mondo pop rock che abbiamo eletto da sempre nostro habitat naturale. Mah…, forse eravamo troppo distratti, o troppo disincantati, ma di novità eclatanti non siamo riusciti a scovarne. Alcune conferme notevoli, queste sì: "Rather Ripped" dei Sonic Youth, per esempio (ascoltare "Do You Believe In Rapture?" e "Or", come ottime prove di rock ballads screziate dal rumore), ed il ritorno dopo ben 14 anni di Tom Verlaine con due CD, uno strumentale, "Around", ed uno con cantato, "Songs And Other Things", dignitosissimo (menzione di merito a "Orbit" e "The Day On You") e quello leggermente più deludente dei Pere Ubu con " Why I Hate Women" ( ma "Caroleen e "Flames Over Nebraska" fanno comunque la loro bella figura).
Fra i gruppi che invece si sono affacciati alla ribalta in quest’ultimissimo periodo, pur senza farci gridare al miracolo, ci hanno convinto gli Hot Chip ed i Tv on the Radio ,entrambi allo loro seconda prova sulla lunga distanza. Sia i primi, inglesi, che i secondi, americani, si esprimono con un sound elettronico contaminato con strumenti elettro-acustici, mai fine a se stesso, bensì propellente indispensabile per il dispiegarsi del canto.
Gli Hot Chip con "The Warning", ci ammanniscono una serie di canzoni gentili, ben strutturate nelle parti strumentali, affidate in prevalenza a suoni sintetici di inequivocabile origine "eigthies" oltremodo funzionali all’espressione vocale, curata ed arrangiata con apprezzabile accuratezza, vero punto di forza del gruppo. Brani di punta: "Colours" (una nenia poggiata su tastiere ora morbidamente digitali, ora nostalgicamente analogiche) e "No Fit State" (base alla Depeche Mode e Visage sorvolata da voci e cori il cui intreccio ne moltiplica la suggestività).
I Tv on the Radio con "Return To Cookie Mountain" vogliono suonare viscerale, come dei Massive Attack infervorati e fuori controllo, con gli strumenti che creano un groviglio ritmico armonico quasi organico, nel quale si aggirano voci "provenienti dall’anima" di Kyp Malone e Tunde Adebimpe a cui, in un’occasione ("Province"), dà manforte il nostro sessantenne preferito, il sig. David Bowie. Bella l’iniziale "I Was A Lover", costruita su onde di suoni che periodicamente si abbattono sugli scogli dell’intelaiatura percussiva, esuberanti e nello stesso tempo inquietanti "Wolf Like Me" e "Blues From Down Here", brani dotati di un indecifrabile fascino imputabile al miscuglio di canto africano ed arrangiamenti strumentali da aggressivo art rock fine anni settanta.
Seguiamo le due band ed attendiamole al varco fiduciosi: magari fra breve ci ricompenseranno con un capolavoro per questo inizio di millennio ancora sottotono.