Bloc
Party live
in Milano
Rolling
Stone 21/11/2005
Perse le tracce del gruppo di supporto, Sluts of Trust, a causa delle difficoltà di trovare parcheggio, in un Rolling Stone non gremitissimo, saggiamo la resa live del nuovo gruppo di pischelli albionici con un album di debutto abbastanza interessante da renderci speranzosi sulla possibilità di un concerto che ci diverta, ci intrighi e magari ci faccia viaggiare a ritroso nel tempo, diciamo intorno al 1979/82,quando delle nostre nuove band ne parlava solo "Rockerilla".
In
effetti "Silent Alarm", l'album in questione, a parte la resa sonora
in linea con le tecniche di registrazione odierne, è niente di più ma anche
niente di meno che un disco di puro post-punk anglosassone. Ritmiche composte ma
prepotenti, chitarre elettriche
grattate ed effettate, cantato riflessivo, che parte da singulti malinconici per
espandersi verso toni più disperati e lancinanti: il tutto senza che si perda mai
davvero il controllo, la ribellione e la rabbia abilmente subliminate, tanto la
distopia del 1984 orwelliano è dietro l'angolo. Tutto molto familiare per chi
è cresciuto con Cure, New Order e Wire, nevvero?
C'è da dire tuttavia che i Bloc Party non sembrano un remix di quei gruppi, ma, a parte il peso storico specifico, un altro di quei gruppi, essendo il gioco dei rimandi reciproci condotto con mano felice e le tecniche ricombinatorie sfruttate con buon gusto e, oh…, creatività.
Ma torniamo con i piedi sul palco: la formazione (voce, due chitarre, basso e batteria) sciorina il suo repertorio con autorevolezza, il batterista è una macchina precisa e potente, eppure duttile e ingegnoso nella costruzione dei pattern ritmici, assecondato e assistito egregiamente dal bassista che escogita eleganti incastri. Alle chitarre è affidato il compito di dare pennellate armoniche spesso molto decorative grazie all'uso sapiente dei filtri e dei ritardi. Dentro questa intelaiatura sonora si dibatte la voce di Kele Okereke, che spesso paga dazio a Robert Smith e talvolta lascia trasparire inflessioni da giovane Julian Cope, più i cori dei suoi soci. Praticamente nessun pezzo sfugge a questo geometrico canovaccio e il set di un'ora abbondante compresi i bis potrebbe essere vissuto come un'unica suite.
La
platea comunque gradisce, le canzoni sono immediatamente riconosciute e i
momenti topici dei refrain sono entusiasticamente e volonterosamente accompagnati dal pubblico. Noi abbiamo gradito "This Modern
Love", "She Is Hearing Voices " e "Like Eating Glass",
un po' meno i tentativi di gigioneggiare del cantante, i soliti "Ciao
Meelano" e il clima da celebrazione rock, assolutamente fuori di misura e
di contesto, come fuori di misura ci è parso il prezzo: 18 euro, parte del
quale va considerato come plusvalore per l' "hipe" che sta montando
sui Bloc Party, che invece rischia di bruciare le potenzialità del gruppo, un
po' come è successo, a nostro parere, con i Franz Ferdinand.