Economia per Giovani Marmotte
(ed altri animali feroci…)
Cari lettori (del sito,
del Politburo o de “L’Arrivista”), ma soprattutto cari lavoratori (pubblici, privati,
ex cococo…), forse a qualcuno la faccia di Dilbert non è del tutto sconosciuta…
Forse lo avrete notato sulla metropolitana, proprio quella che vi porta al
lavoro ogni giorno, stampigliato sulle vignette del giornalino distribuito
gratis alle fermate dei mezzi. Io l’ho conosciuto così, questo moderno
impiegato-male, e subito il processo di identificazione e il riscontro di
analogie è parso subito palese e allarmante… La ”vita aziendale” della creatura
di Scott Adams, maledizione, assomiglia in modo preoccupante alla mia e anche a
quella di numerosi altri, pare… Quindi, per coloro che ancora vagano
frastornati per i corridoi dei loro uffici, cercando di dare una risposta
all’Eterna Domanda “come ho fatto a finire qui dentro?”, questo libricino si rivelerà
un vademecum prezioso e insostituibile lungo il cammino che porta all’Evidente
Conclusione: lì dentro, ci crediate oppure no, ci siete entrati da soli,
speranzosi e armati di curriculum….
…ma prima le dovute
presentazioni.
Dilbert, trentacinquenne, ingegnere naso a patata, è
l’impiegato medio di una megazienda americana.
Timido, ordinario e privo
di una vita sociale degna, passa le sue giornate imprigionato nel Cubicolo e
negli angusti spazi dell’Azienda, rimpallato tra riunioni deliranti con capi dai
capelli a punta, brainstorming con colleghi allucinati, incontri con venditori
assunti direttamente dal penitenziario. Aggirandosi tra il labirinto dei
cubicoli, si materializza il sottobosco umano (e non) del terzo settore,
popolato da individui atterriti e crudeli, vessati da animali parlanti sadici
che occupano posti chiave nei quadri dirigenti..
Dilbert è il protagonista
assoluto del mondo creato da Scott Adams, allo stesso tempo vittima e rotellina
dell’ingranaggio: la nuova economia che ha portato a risultati talmente
inaspettati da aver introdotto l’Illogico e l’Irrazionale in una disciplina che
fino a poco tempo fa era regolata da norme storico-sociali e, quel che è
peggio, in tutte le nostre esistenze, dentro e fuori i luoghi di lavoro.
Se vi imbarcherete coraggiosamente sul peschereccio
dilbertiano, troverete numerosi consigli utili per restare a galla nelle
tempestose acque della new economy, per sfuggire agli squali dell’alta finanza
(dando loro in pasto qualcun altro)… Ma soprattutto la sana cattiveria
grondante vi suggerirà come fare carriera senza il minimo sforzo, ingraziarvi
il capo solleticando il suo io animale e gettare discredito sui colleghi più
deboli per scansare responsabilità e fatiche. E infine troverete le Risposte ai
perché che da sempre vi assillano: come mai sono sempre gli stupidi a fare
carriera? Perché ci si accanisce contro gli impiegati che lavorano con
professionalità? Quali sono le motivazioni di una dirigenza scriteriata?
Le fonti con cui l’autore
risolve brillantemente questi quesiti sono molteplici, spaziano dalla
psicologia sociale all’antropologia culturale... e a chi ha intrapreso studi
classici, non sfuggirà che l’architettura dell’Azienda è concepita come la
Divina Commedia: ne sono prova la discesa di Dilbert nei gironi infernali della
Contabilità e, di contro, l’ascesa all’Empireo del Marketing, dove si accede
vestiti con lunghe tuniche bianche e con la consumazione obbligatoria di
“minimo due drink”. Questa profonda analisi che unisce moderna indagine
psicologica e umanesimo porta, in conclusione, a una riflessione amara quanto
sconcertante: la condizione in cui versiamo scaturisce dal fatto che “la gente
è idiota, lasciva ed egoista” e il progresso è il frutto di alcune menti
geniali che da sole trascinano avanti lo sgangherato carrozzone dell’umanità.
Quindi se da un lato la creatività e il progresso sono affidati a pochi eletti,
dall’altro la gestione di questi sarà in mano alla stragrande maggioranza dei
mentecatti, che utilizzerà i benefici nell’unico modo conosciuto: cioè
male.
Il libro,
dietro l’innocente aspetto di una raccolta di fumetti, man mano che la lettura
avanza prende la forma di un godibile pamphlet, una digressione (semi) seria
sui nuovi metodi di produzione promossi dalla tecnologia e su come essi abbiano
trasformato i rapporti di lavoro e i rapporti interpersonali che, a causa del
lavoro, si vengono a creare. Ma il nostro Scott non è un filosofo né
un’economista alle prese con complesse elucubrazioni su sistemi produttivi o
trend economici, ma un ex impiegato della Bell Pacific, dove ha lavorato per 17
anni: quindi si tratta di vita vissuta, giornalismo-verità illustrato e le sue
teorie trovano riscontro nelle mail dei suoi lettori pubblicate nel libro
insieme con le vignette. Dunque anche Scott è stato prigioniero nel cubicolo,
simbolo della scatola che limita gli orizzonti e il potenziale del singolo
all’interno di un perimetro ben circoscritto, che non gli appartiene e che non
può nemmeno rendere un po’ personale (vedi Hoteling).
Nell’eterogeneo
universo editoriale di oggi, Dilbert e il suo autore occupano un posto del
tutto particolare per le tematiche che affrontano e per come le affrontano: il
disegno spartano e oggettivamente poco “bello” rispecchia il microcosmo
dell’impiegato medio come grigio e piatto, in cui l’uccisione sistematica della
fantasia individuale è il presupposto della sua stessa esistenza; l’ironia
tagliente e la rappresentazione di situazioni e personaggi surreali mettono
alla berlina le assurde e spietate leggi del capitalismo moderno che mangia
continuamente se stesso.
Dal momento
che la classe operaia sembra aver perso il suo ruolo tradizionale di cavia da
laboratorio negli esperimenti delle rivoluzioni industriali, il termometro
dell’impatto sociale scaturito dalle trasformazioni del lavoro è passato sotto
il braccio dei colletti bianchi, coinvolti massicciamente nel caos del lavoro
precario e della flessibilità; tramontata l’era del posto sicuro e delle
sicurezze sociali, ora tocca alla classe media vedersela con lo spauracchio del
ridimensionamento e della riorganizzazione aziendale, che frenano sia la
possibilità di crescita professionale del singolo sia le rivendicazioni
collettive.
Quindi,
nonostante l’innovazione tecnologica abbia ottimizzato molti settori della
produzione, le condizioni generali di lavoro per la stragrande maggioranza
della popolazione attiva non sembrano migliorate: alienazione,
spersonalizzazione dei rapporti tra pari, senza dimenticare una retribuzione
spesso inadeguata, restano i nemici di una migliore qualità della vita e del
lavoro… Considerando gli spettri che oggigiorno si aggirano per l’occidente…
una domanda… ma Scott Adams non sarà mica COMUNISTA?!
Il Principio di Dilbert
Manuale di autodifesa
da capi, manager,
consulenti, budget,
qualità totale, riunioni
e altri flagelli aziendali.
Edizioni
Garzanti
(pagine
328, 14,46 €)
Si ringrazia per
il supporto tecnico-morale: Massimiliano Bignamini.