IL
POSTO DELL’ANIMA
di Riccardo Milani
Una
multinazionale americana dedita alla produzione di pneumatici, tale CarAir, decide di chiudere lo stabilimento di Campolaro in Abruzzo, per esigenze
di ristrutturazione.
Gli operai locali iniziano una dura lotta per ottenere la riapertura della fabbrica, arrivando a incatenarsi ai cancelli.
Detto così
potrebbe sembrare una notizia di
cronaca presa tra le tante e non in grado di stupire proprio nessuno.
In realtà
è lo spunto iniziale dell’ultima pellicola di Riccardo Milani, regista
emergente giunto al suo terzo lungometraggio (i non memorabili Auguri
professore e la Guerra degli Antò sono stati i primi due).
“Meglio
morti che disoccupati”, recita lo slogan estremo del film, e su questa
linea saranno le reazioni dei lavoratori e lo sviluppo della storia.
Guidati
dal grintoso Salvatore (un impeccabile Michele Placido), sindacalista
cigiellino reduce da anni di compromessi che si riscatta e accosta i
neolicenziati agli indiani d’America, i nostri anti-eroi si incatenano ai
cancelli dello stabilimento e aprono pure un sito Internet (operai incatenati).
L’operaio
Antonio (un ispirato Silvio Orlando) decide che anche i mezzi
d’informazione devono interessarsi al caso e, durante la processione di Santa
Gemma, lancia il suo grido disperato alle autorità per il diritto al lavoro.
Alla fine
quelli della televisione (tra cui Sandro Ruotolo in un cameo inaspettato)
vengono a intervistare gli incatenati, che manifestano nel paese con striscioni
e fischietti e riescono a coinvolgere giunta comunale e vescovo.
Intanto
l’operaio specializzato Mario (un sanguigno Claudio Santamaria, giovane
virgulto del cinema italiano) organizza il ristoro del presidio in fabbrica e si
inventa imprenditore vendendo con
successo la pasta fresca preparata dalla moglie, finché l’apertura di un
centro commerciale non gli stroncherà gli affari.
I nostri
vanno all’assalto della multinazionale, recandosi in delegazione a Bruxelles e
a Detroit nella tana del lupo, fino a un tragico epilogo legato
all’intossicazione degli operai sul posto di lavoro.
“Meglio
morti che disoccupati”, appunto.
Sullo sfondo
la vicenda sentimentale tra alti e bassi di Antonio e Nina (una discreta
Paola Cortellesi), pubblicitaria trasferita a Milano
che torna al paesello per concedersi lunghe camminate nei boschi alla
ricerca dell’orso bruno, e il rapporto difficile tra Salvatore e il figlio
disoccupato.
Di sicuro
non siamo di fronte a un capolavoro e tanto meno questo film entrerà nella
storia del cinema.
Il finale
non convince e alcune scene sono solo semplici gag (con attori comunque
all’altezza), però l’argomento scelto e il piglio con cui viene affrontato
fanno ben sperare per una stagione nuova del cinema italiano.
E’ tanto che si coltiva questa speranza e che puntualmente viene delusa, ma forse i tempi sono maturi; una nuova nidiata di registi (Garrone, Crialese, lo stesso Ozpetek) si sta affermando con coraggio ed esprime interesse per la realtà odierna, vedremo se resisteranno.
Il posto
dell’anima, un titolo che vuole significare il bisogno di un luogo o di un
riferimento in cui tutti possano affermare la propria dignità attraverso il
lavoro e non, deve qualcosa all’Inghilterra.
Più che per
lo scontato parallelo con i proletari sfruttati e arrabbiati di Ken Loach, è
per la musica di una storica rock band che risponde al nome di The Clash.
Sono infatti
degni di essere citati la sequenza iniziale con montaggio alternato
sui risvegli mattutini in famiglia dei tre protagonisti scandita dalla
tambureggiante “Police is on my back” e l’exploit di Antonio che
fa credere al sindaco di parlare l’inglese (e viene quindi inserito
nella delegazione in partenza per gli States) citando alcuni versi di
“Something about England”.
Alla fine la
classe operaia non va in paradiso, anzi è in via di estinzione, ma la lotta per la dignità e per il lavoro continua, e andrà avanti in un
futuro sempre più incerto e dominato da flessibilità e contratti atipici.
La vittoria
è lontana, ma tutt’altro che impossibile, e il cinema non deve mancare
l’occasione di seguire e magari anticipare questa svolta epocale.
Deve tornare nel reale e non cullarsi nei ricordi, deve abbandonare le macchiette ed esplorare le coscienze.
P.S. una piccola curiosità: Campolaro esiste davvero ma si trova in Valcamonica (provincia di Brescia).