federico mataloni. | the dreamers | |
In
ogni sequenza c'è come una sospensione epifanica. Girare in versi credo
voglia dire che ho una nostalgia della parola. Proprio nostalgia. Un
termine che in Italia non si può usare. Se non c'è nostalgia non c'è
memoria, non c'è letteratura, non c'è l'"Odissea", non c'è la
"Recherche" di Proust. Ma ormai è una parola da disprezzare,
come la parola "ideologia", come la parola "passato".
|
L'alibi intellettuale che permea il film è il richiamo alla nostalgia - per un'adolescenza inquieta, una formazione all'ombra del Trocadero, una stagione rivoluzionaria ormai sopita, una nouvelle vague insomma che venne presto scalzata dalle esigenze del pubblico di massa. Bernardo torna a bagnare i panni nella Senna e traccia i contorni di un rapporto morbosetto tra un giovane studente americano e due francesini fratello e sorella, anzi gemelli. In molti hanno citato Ultimo Tango e gli echi del '68. Per quanto riguarda il leggendario film del '72, basterebbe paragonare l'intensità emotiva di Brando alle acerbe pulsioni dei giovani attori, frutto di una pubertà in fioritura e ben lontane dalla passione verace della Schneider. Per quanto riguarda il movimento sessantottino, l'ambientazione storica è puramente una quinta superflua: la trama si dilata quasi esclusivamente in interni (claustrofobici corridoi ricoperti di libri impolverati e cupe stanze ricolme di avanzi andati a male) e ciò che si muove violento fuori dalla finestra sfiora minimamente i riti dei tre ragazzi. I sognatori del titolo, quindi, non sono gli utopisti che vorrebbero cambiare il mondo, ma coloro che sognano una vita come copia delle vite proiettate in sala. Per la passione che li accomuna sono pronti ad incatenarsi (ma senza lucchetto) ai cancelli della Cinémathèque Française, che rischia di venir chiusa dal comune, ma tutto ciò che esula dal loro mondo elitario è estraneo e scivola via. Proprio fuori dai cancelli della Cinémathèque avviene l'incontro tra l'americano Matthew (brutta copia di Di Caprio e, se possibile, più inespressivo) con Isabelle e Théo, figli di un noto poeta ormai al tramonto (il vecchio Attilio?) e dell'intellighenzia borghese-intellettuale con la puzza sotto le ascelle. I due gemellini, approfittando della fuga dei genitori nella villa di campagna (proprio durante le giornate più "calde" dai tempi della guerra in Algeria, i bravi mentori abbandonano la prole a loro stessi - con il sussidio però di un assegno in bianco), invitano immediatamente il nuovo compagno di giochi nel loro covo. L'attrazione tra i tre da intellettuale si tramuta presto in sessuale. Il ménage si fa esplicito dopo che Matthew viene iniziato ai giochini dei due gemelli. Isa pulsa di quella fastidiosa bellezza snob-aristocratica che, come molti di voi hanno imparato, andrebbe redarguita con un accurato abuso di sodomia. I giochi incestuosi dei due sfociano in punizioni masturbatorie per Théo (davanti alla foto di Marlene Dietrich-Angelo Azzurro) e defloranti per la sorellina. Con un minimo di stupore apprendiamo che la disinibita fanciulla perde sangue alla prima penetrazione di Matthew che, imbarazzatissimo, non può che innamorarsene follemente. Ora l'equilibrio dei gemelli (siamesi?) è definitivamente spezzato e l'inserimento di un terzo fattore apre un poco le loro coscienze verso l'esterno, fuori dal castello paterno. Théo, circondato da feticci rivoluzionari e tazebao maoisti, è costretto a riflettere sulle barricate in strada che hanno fatto a meno di lui. Mentre la sorella riesce a staccarsi dall'ombelico fraterno ed esce (per la prima volta!) da sola con un ragazzo. Il tempo trascorre così nella segregazione volontaria, nella sopravvivenza languida, nell'abbandonarsi ai propri piaceri. Dopo un mese i genitori tornano richiamati dalla fame dei figli, costretti a ravanare avanzi nella rumenta condominiale. Oltre a salvarli dall'inedia (con l'ennesimo assegno), li scoprono nudi e avvinghiati in salotto. Isa, sconvolta e conscia che nulla potrà più tornare come prima, decide di porre fine al rapporto. Apre la canna del gas ad insaputa degli altri due, ma viene salvata da un sanpietrino-deus ex machina che irrompe nella stanza scagliato dalla realtà tenuta fino ad allora estranea. Da amanti del morboso, non si può non rimanere affascinati dalle valenze peccaminose del rapporto tra Isa e Théo. Degno di un saggio freudiano, è il cardine su cui si evolve tutto il film. Da antologia è l'ingresso in camera da letto della fanciulla, nelle vesti della Venere di Milo: nuda dalla vita in su, avanza dal buio corridoio guantata di nero mettendo in luce la sua bellezza statuaria. L'effetto è conturbante e vale il prezzo del biglietto. La foto di scena viene però censurata nel sito ufficiale del film con un inutile reggiseno?!?!? (chi possiede l'originale è così gentile da spedirmelo…) Accattivanti sono anche le numerose citazioni da cinéphile che percorrono tutta la pellicola. Per ribadire che è la vita ad imitare il cinema e non viceversa, i tre si dilettano in remake storici: dalla corsa nel Louvre tratto da Bande à part del Godard, alle movenze sensuali di Isa-Greta Garbo da La Regina Cristina. Bertolucci rimane patinato e manierista come solo lui sa fare: non riesce a schiodarsi dalle sue ambientazioni intellettualoidi, culla della sua adolescenza (i tempi dell'iniziazione pasoliniana). Ma, grazie a Dio, non siamo succubi di soporiferi imperatori-buddha e giovanette danzanti.
|
Noi
andavamo a dormire nel '68 sapendo che il giorno dopo non era soltanto
l'indomani. Ma era il futuro. Erano anni di passioni e filosofie. Ricordo che a quei tempi uscire di casa senza un libro in tasca era quasi imbarazzante. |
Regia:
Bernardo Bertolucci Interpreti: Louis Garrel, Eva Green, Michael Pitt, Robin Renucci, Anna Chancellor. Tratto da: The Dreamers di Gilbert Adair (Rizzoli, 14€) |